Passeggiata Contemporanea: la San Gimignano che non ti aspetti
Tra le maestose torri e il palazzi medievali dal fascino storico, San Gimignano conserva un’anima tutta contemporanea: per le vie e per le piazze, infatti, si incontrano opere di arte pubblica realizzate da grandi artisti di fama mondiale che, negli anni, hanno preso parte a numerosi progetti promossi dalla città e dalle associazioni cittadine. Il primo progetto ad essere realizzato fu Affinità, promosso dall'Amministrazione Comunale e curato da Giuliano Briganti e Luisa Laureati nel 1994, e prevedeva opere che apparissero inaspettatamente in tutta San Gimignano. Lo scopo era di creare un'esperienza più "attiva" per la città, fortemente ancorata al suo retaggio secolare.
In Affinità, l’arte prende la forma di "infiltrazioni" contemporanee (R. Fuchs) negli spazi pubblici. Rifuggendo il monumentale, le opere – firmate da cinque artisti italiani – sono destinate a rinvigorire parti periferiche o in decadenza della città, o a rivitalizzare il valore culturale ed estetico di alcuni siti, legittimando il valore dell’arte come strumento di rinnovo e riqualificazione. Successivamente, il centro storico di San Gimignano ha aperto nuovamente le sue porte a iniziative dedicate all’arte contemporanea, ospitando il progetto Arte all'Arte, promosso dall'Associazione Arte Continua, che ha lasciato in permanenza opere di Joseph Kosuth, Anish Kapoor, Luisa Rabbia e Kiki Smith.
Oltre a questi progetti di rilievo nazionale e internazionale il centro storico di San Gimignano ospita numerose installazioni di artisti della città che si inseriscono in tutto il centro. Fra questi opere di Franco Balducci, Silvia Beghè e Maurizio Masini. La Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di San Gimignano ospita una sezione dedicata a questi progetti e può essere un ottimo punto di partenza per intraprendere l’itinerario dell’arte ambientale.
“Il mio intervento nasce dal contrasto: alle sculture verticali, le torri, alla severità medioevale, ho voluto contrapporre una lievità suggerita dal vecchio muro che sembrava in attesa di accogliere questo mio lavoro, un luogo predestinato, che sfugge dalla rocca verso il vuoto della vallata e che accentua il senso precario di vertigine di questa mia installazione.”
(Cit. tratta da Eliseo Mattiacci, Affinità. Cinque artisti per San Gimignano, mostra a cura di G. Briganti e L. Laureati, Firenze, Studio per Edizioni Scelte, 1995).
A coronare questo particolarissimo disegno astrale è la presenza della frase “Tout se tient”, che segue in modo impeccabile l’intero andamento concentrico del disegno, iniziando e finendo con la medesima lettera “T”. La scritta richiama inoltre l’immagine di una meridiana perché contiene in modo quasi ridondante le lettere che segnano i quattro punti cardinali: “O”(Ovest), “S”(Sud), “E”(Est), “N”(Nord).
La locuzione francese “Tout se tient”, risalente a Ferdinand de Saussure (comparsa per la prima volta in un testo del 1989), rappresenta un grande insieme in cui tutte le parti sono coerenti e interrelate, così come lo stesso motivo delle orbite planetarie evoca il sistema perfettamente equilibrato e autonomo dell’iconografia celeste: immagine di un’armonia in sé ben definita e compiuta.
“…Il lavoro è alto quanto la chiesa di San Jacopo, assomiglia ad un campanile, con la differenza che ha la campana stregata che non si muove e che si vede che non si muove… Mi piacerebbe che il ferro con il quale è disegnato fosse visto di pomeriggio, perché la silhouette a quell’ora è scritta tra il muretto di fondo e il cielo, e con il suo tettino di ferro somiglia alle crocifissioni di campagna, di ferro, o alle croci all’estremità delle torri, oppure alle inferriate delle case abbandonate. Quello che a me importa è che non sia considerato una scultura, ma una grafia sul muro segnato dal tempo."
(Tratto da Jannis Kounellis, Affinità. Cinque artisti per San Gimignano, mostra a cura di G. Briganti e L. Laureati, Firenze, Studio per Edizioni Scelte, 1995)
Da una parte c’è il chiaro messaggio di un Paese all’asta, che si vende al migliore offerente, e non è un caso che sia stata scelta per la città di San Gimignano, un gioiello di storia, unico nel suo genere, da anni oggetto di turismo di massa, mordi e fuggi, che fa apparire la città come un bene commerciale; dall’altra parte, c’è la costruzione letterale di un Paese all’asta, ossia la materica riproduzione di un Paese dal profilo a stivale, infilzato da un’asta e messo lì, in mostra.
(tratto da: Nunzio, Affinità. Cinque artisti per San Gimignano, mostra a cura di G. Briganti e L. Laureati, Firenze, Studio per Edizioni Scelte, 1994)
(Immagini di città, W. Benjamin)
L’opera di Joseph Kosuth per la città di San Gimignano, realizzata per il progetto Arte all’Arte, si mostra così, la cornice ad una seduta, un’incisione di 35 metri in pietra serena che attraverso le parole di Walter Benjamin accompagna e ricorda un’ormai passata tradizione: quella di sedersi davanti la porta di casa. Una tradizione tipicamente italiana e dei piccoli borghi, di quelle piccole realtà cittadine, come lo è stata San Gimignano. Attraverso l’uso di uno dei materiali più comuni della zona e delle parole di uno dei teorici più famosi del primo Novecento, Kosuth è così riuscito a creare un dialogo tra antichità e contemporaneità, riportando alla luce una tradizione che, forse, osservando bene, non è ancora del tutto svanita dalla memoria e radici culturali di ogni sangimignanese.
Il primo intervento vedeva l’opera di Kosuth posizionata all’interno della Loggia del Podestà di San Gimignano, il luogo simbolo del potere cittadino per diversi secoli, ma fu poi spostata nel giardino del Bagolaro, davanti ad un centro che offre servizi e spazi per la popolazione anziana. Del resto, quale miglior posizione per l’opera, se non vicino a coloro che incarnano l’immagine stessa che Walter Benjamin cercava di evocare in “Immagini di città”?
Il soggetto principale della scultura, realizzata a mosaico e in ceramica, è la figura bidimensionale e illusoria di un vecchio, il Tempo, posizionato tra le acque, il muschio e l’umidità del luogo. Avvolto da una pesante coperta, che appare quasi inutile a causa delle condizioni climatiche del posto, mostra allo spettatore le mani, uno dei due piedi e il volto, realizzato in ceramica per far esaltare le lacrime che, come gli attimi di un’intera vita, scivolano lentamente sul suo volto, il volto del Tempo.
Luisa Rabbia lavora spesso sul tema del sonno, su uno stato di veglia che si discosta appena dall’inconscio e che allo stesso tempo è anche la via d’accesso a una dimensione in cui ognuno di noi continua ad imparare qualcosa su se stesso. L’immagine finale e complessiva della scultura, richiama infatti alla mente quella di una moderna Ofelia, circondata dalla natura e accompagnata dalle acque di un fiume in un viaggio con destinazione sconosciuta, in una sospesa atmosfera tra passato e presente, tra vita e morte, tra sogno e realtà.
L'opera è attualmente in restauro e non visibile.
Kiki Smith portò tre di queste fanciulle a popolare le arcate di UMoCA, il “museo” di Cai Guo-Quiang realizzato sotto le arcate del Ponte di San Francesco di Colle di Val d’Elsa. Alle tre fanciulle, dal vestito rosso, giallo e blu, vennero aggiunte delle lampadine in cristallo soffiato, dai riflessi incredibilmente sottili e raffinati; concluso il progetto l’artista individuò altrettanti luoghi simbolo del territorio, tra cui la Rocca di San Gimignano, per ospitare in modo permanente le opere.
Le fanciulle di Kiki Smith rappresentano il concetto dell’idea, del momento in cui scatta la famosa scintilla, che arriva quando meno ci si aspetta, in un secondo di momentaneo confronto e dialogo con lo spazio che ci circonda, come se in essa si rendesse tangibile ed esplicito l’invisibile legame tra noi e l’universo.
“La giovane donna siede nella natura, all’interno della natura e da essa non è separata, quindi le sue idee sono le idee del mondo…“
(cit. Kiki Smith)