La campagna di San Gimignano custodisce una filiera di famiglie e produttori che coltivano lo zafferano, questo prezioso fiore violaceo dal quale ricavano gli stimmi, perché così viene commercializzato, non in polvere ma in preziosi filamenti, con il marchio D.O.P. a garantire questa antica tradizione.
La sua produzione affonda le radici fino al 1200 e ben presto trovò commercio in tutta Europa ed anche in Oriente e in Africa, facendo la fortuna di molti mercanti che con i proventi commissionarono la costruzione delle torri cittadine, tanto alte quanto lo era la ricchezza e il potere. Spezia di particolare pregio, veniva utilizzata per la tintura dei tessuti, come moneta di scambio e anche per omaggiare importanti personaggi come l'imperatore Federico II. Dal sapore intenso tendente all'amarognolo, la sua coltivazione oggi come allora si basa su metodi tradizionali ed arricchisce diverse ricette della cucina locale.
Nel maggio 2017 viene istituito il Consorzio dello Zafferano di San Gimignano DOP che si occupa di promuovere e valorizzare uno dei prodotti più autentici del territorio. Questo prodotto DOP viene ancora oggi commercializzato in steli, e non in polvere, per evitare le contraffazioni e garanteri la qualità.
Marchio D.O.C.G. e primo vino della penisola a fregiarsi del marchio D.O.C., è il bianco prodotto nel territorio comunale sangimignanese. Le colline pettinate che avvolgono di meraviglia paesaggistica il borgo regalano questo vino dalle pregiate qualità organolettiche, frutto della sapiente lavorazione della terra tra innovazione e tradizione. La Vernaccia di San Gimignano veniva prodotta e commerciata fin dal Medioevo. Ricavata dall'omonimo vitigno, si ritiene che fosse conosciuta addirittura prima dell'epoca romana e che il suo nome derivi dal latino vernaculum che significa "locale" oppure, secondo un'altra ipotesi, che il vitigno provenisse dalla Liguria e che trovasse assonanza e origine etimologica dal borgo delle Cinque Terre Vernazza. Le storiche mura della Rocca di Montestaffoli ospitano il Consorzio della Vernaccia dove c'è un museo e una bellissima terrazza per degustazioni.
Senza dubbio fra i monumenti più significativi della città spicca la Collegiata di Santa Maria Assunta, conosciuta anche come Duomo di San Gimignano, che da secoli costituisce una irrinunciabile meta di ristoro spirituale e arricchimento culturale. Uno spazio a pianta basilicale, scandito da quattordici colonne tuscaniche in pietra e interamente coperto da affreschi. La meraviglia si dispiega nelle pareti laterali affrescate nel XIV secolo con il ciclo di affreschi del Nuovo Testamento, capolavoro dei senesi Lippo e Tederigo Memmi, e le Storie del Vecchio Testamento realizzate da Bartolo di Fredi. All’interno, brilla di luce propria la Cappella di Santa Fina. Questo piccolo gioiello del Rinascimento racchiude la maestria dello scultore Benedetto da Maiano, del pittore Domenico Ghirlandaio e dell’architetto Giuliano da Maiano: tre celebri artisti fiorentini. La parete di fondo ospita il Martirio di San Sebastiano di Benozzo Gozzoli e il Giudizio finale, su opera di Taddeo di Bartolo, cui si deve anche la raffigurazione del Paradiso e la pregevole interpretazione dell’Inferno.
Curiose somiglianze affiorano nel ciclo affrescato per mano del pittore fiorentino Cenni di Francesco di ser Cenni intorno al 1413, nella chiesa romanica di San Lorenzo in Ponte. Nel piccolo ambiente si possono infatti ammirare rappresentazioni ultraterrene di rimando dantesco del Purgatorio, dell’Inferno e del Paradiso. Al pittore fiorentino si deve inoltre il rifacimento della Madonna in Gloria sulla parete destra del loggiato, il cui volto è attribuito al giovane Simone Martini.
Trova poi giusta collocazione, nell’antica Sala del Consiglio di San Gimignano, una testimonianza riferita chiaramente all’inconfondibile maestro della scuola senese del Trecento: la Maestà (1317) di Lippo Memmi, copia del celebre affresco di Simone Martini nel Palazzo Pubblico di Siena. Detta anche Sala Dante, il 7 maggio 1300 accolse il sommo poeta che, in qualità di ambasciatore fiorentino giungeva per perorare l’adesione del comune di San Gimignano alla Lega dei comuni guelfi della Toscana. Lo splendore della sala si manifestò già allora con i colori vivi del ciclo cavalleresco attribuito al pittore Azzo di Masetto, realizzato pochi anni prima nel 1289.
Il patrimonio dell’incantevole paesaggio toscano è ancora più suggestivo se ammirato dall’alto della Torre Grossa. L’ultima ad essere costruita per forte desiderio del comune di disporre di un vero e proprio simbolo di potere. Inaugurata nel 1311, nonostante le torri avessero già iniziato ad essere sostituite con più pratiche abitazioni, fu la più alta della città raggiungendo la rispettabile altezza di 54 metri.
Nel secondo piano della Torre Grossa è ricavata la camera del Podestà, dove storie profane, ad opera del senese Memmo di Filippuccio, dal XIV secolo mettevano in guardia il governatore dalle corruzioni e seduzioni, rappresentate principalmente dalla figura femminile. Di fronte alla camera, il salone della pinacoteca, che in origine doveva essere affrescato con decorazioni a onde rosse e gialle a richiamare i colori del comune. La raccolta conserva dipinti su tavola provenienti da enti religiosi del terriotorio ormai soppressi. Vi trovano così dimora testimonianze di artisti senesi e fiorentini dal XIII al XV secolo, comprendendo maestri quali Coppo di Marcovaldo, Rinaldo da Siena, Filippino Lippi, Benozzo Gozzoli, Benedetto da Maiano e il Pinturicchio. Con il dovuto tempo se ne possono apprezzare tutti i capolavori e soddisfare curiosità sui due santi patroni della città, seguendo la narrazione della tavola di Taddeo di Bartolo San Gimignano e otto storie della sua vita e del polittico di Lorenzo di Niccolò di Martino San Gregorio, santa Fina e storie della sua vita. Il modellino della città di San Gimignano è custodito tra le mani dei patroni, impegnati a proteggere eternamente un tesoro dal valore inestimabile.
Emblema della città, circondata da case nobiliari e torri medievali, Piazza della Cisterna è una delle piazze più suggestive di San Gimignano. Situata nel cuore della città, la piazza fu realizzata nel Duecento con le caratteristiche originarie, conservate ancora oggi, secondo le disposizioni del Comune Ghibellino. In origine la piazza era ubicata all’incrocio tra la Via Francigena e la via che collegava Pisa e Siena, ovvero le due strade principali del borgo medievale, ed era destinata al mercato, alle feste e ai tornei cittadini. Data la sua posizione strategica, la piazza era un vero e proprio centro di aggregazione popolare ed è per questo motivo che in origine veniva chiamata Piazza delle Taverne, per via delle molteplici locande dove viandanti e viaggiatori si recavano per sostare e riposarsi. La piazza deve il suo nome alla cisterna collocata al centro di essa, costruita nel 1273 e ampliata nel 1346 sotto la podestà di Guccio di Malavolti, nome che viene riportato sullo stemma della cisterna stessa. Era stata creata per permettere alla popolazione di rifornirsi d’acqua in modo più semplice, tirando su le brocche con catene e funi, come testimoniano i solchi sui bordi del pozzo.
Dalla curiosa forma triangolare e caratterizzata da una pendenza naturale, la piazza è al centro di una spettacolare “arena” composta dalle più celebri torri e palazzi della città medievale. Torre del Diavolo, le torri della famiglia Ardinghelli, Palazzo Razzi e Palazzo Tortoli-Treccani sono solo alcuni degli edifici storici che circondano la piazza. Nella parte sud-ovest si trova anche il celebre Arco dei Becci e l'omonima torre, mentre di fronte alla cisterna è collocata Casa Salvestrini, antico rifugio per i pellegrini. Nonostante il passare del tempo, Piazza della Cisterna è sempre rimasta il centro nevralgico della San Gimignano di tutte le epoche.